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20/06/2018 In In ricordo di Giovanni

La Freccia Rossa della bontà

La Freccia Rossa della bontà fu una straordinaria esperienza per un gruppo di Rover lombardi che, guidati dai fratelli Ghetti, nel 1949 attraversarono un’Europa ancora fumante di macerie. La Moto Guzzi fornì i motocicli marca “Guzzino” da 90 cc. – poco più di una bicicletta!- per recarsi a Skiak in Norvegia al Rover-Moot internazionale, una sorta di Jamboree riservato ai Rover. Lo scopo principale fu soprattutto quello di portare un messaggio di pace nei Paesi attraversati, nel nome dell’opera e in sostegno ai “Mutilatini” di don Carlo Gnocchi. Fu un’esperienza totalizzante per questi ragazzi e per il nostro Giovanni che nel 2015 fu invitato come testimone a Palazzo Marino di Milano in occasione del lancio del libro edito con i contributi del Gruppo scout di Busto Arsizio. Giovanni ne parlava e scriveva spesso. Alleghiamo un suo scritto del 2012 che riassume, con viva memoria, luoghi e sensazioni.

 

Cronaca di una via di amore lunga 8.000 chilometri: L a  F r e c c i a   R o s s a – Raid Milano – Oslo 1949 dei rovers- scouts lombardi dell ‘ASCI

             

 

Nell’estate del 1949 si  svolse in Norvegia a Skiak, 400 km a nord di Oslo, il 4° Rovermoot ( 1° raduno internazionale rover del dopo guerra). Il 28 marzo 1949  i giovani rovers del clan “ La Rocchetta” di Milano “  scrissero  questa lettera, indirizzata a “quanti sperano in un migliore avvenire”:

<< I giovani, che della guerra hanno subito le tragiche conseguenze nello spirito e nella vita, vogliono aprire orizzonti sereni di un domani di pace. Vogliono lanciare ponti di fraternità fra i popoli, legare amicizie fra nazioni, annunciare al mondo parole di giustizia e di Amore. Con questi ideali, nel prossimo luglio, 25 rovers-scouts dell’ASCI varcheranno le Alpi su piccole moto offerte dalla Casa Guzzi ed attraverseranno le contrade d’Europa in una simbolica e generosa cavalcata. Da Milano a Oslo, dalla terra del sole alla fredda Norvegia, sulle strade già percorse da strumenti di distruzione, nelle città in rovina, tra le macerie e il dolore, essi proclameranno che più dell’odio vince l’Amore. A nome di tutti i piccoli mutilati d’Europa, quelli senza mani, senza luce, senza volto, diranno ai Capi di Stato di salvare la Pace: in nome del loro martirio senza tramonto. Andranno questi giovani, nuovi pellegrini, in povertà e letizia, per accendere focolari di gioia e vincere ogni tristezza. A quanti, in queste ore incerte, arride fede in un domani migliore, essi non chiedono che comprensione, affinché la “FRECCIA” rossa del sangue dei piccoli fratelli mutilati e dell’amore di ogni Mamma che attende, possa scoccare col suo Messaggio di Bontà! >>.

Qualche mese prima aveva fatto notizia “L’Angelo dei Bimbi”, il volo transoceanico di Bonzi e Lualdi  con un minuscolo aeroplano per portare ai nostri connazionale d’Argentina il messaggio di don Gnocchi  che raccoglieva attorno a sé i ragazzi che avevano visto e subito gli orrori della guerra.

A seguito del grande successo di questa memorabile impresa don Gnocchi e don Ghetti, assistente degli scouts lombardi, ebbero l’idea di organizzare,  in occasione del primo raduno dei rovers-scouts di tutto il mondo del dopo guerra, il raid motociclistico Milano-Oslo- Skiak con i minuscoli guzzini di 65 centimetri cubici di cilindrata offerti dalla famosa Casa lariana della Guzzi.  Il nucleo organizzativo e la maggior parte dei partecipanti era costituito da rovers del clan “La Rocchetta” di Milano, ma furono chiamati  a farne parte anche altri rovers lombardi. Durante la fase preparatoria furono percorsi vari chilometri di allenamento, soprattutto per  portare nelle varie città lombarde l’iniziativa  a favore dei mutilatini. In occasione di una di queste puntate, nella mia città, ebbi la fortuna di  ospitare a casa mia  la  colonna    della “ Freccia Rossa” e nell’occasione mi fu offerta la possibilità di aggregarmi.

Due fummo i bresciani partecipanti: il mio carissimo amico Giacomo Corna Pellegrini ed io, ambedue rovers del clan Folke Bernadotte, gruppo scout BS1.

Indimenticabile la partenza  il 17 luglio da Milano: noi tutti allineati, a fianco del nostro minuscolo mezzo motorizzato, nel cortile del Castello Sforzesco attorniati da una numerosa folla e dai nostri genitori, un po’ trepidanti. Don Gnocchi che benedice il nostro guidone, il Sindaco che ci affida un messaggio per il Sindaco di Parigi. Avevamo nel cuore il messaggio che i Mutilatini di Don Gnocchi ci avevano affidato per portarlo attraverso le strade d’Europa:

<< Quando è caduta l’ultima benda speravamo di rivedere la luce ed invece il buio è rimasto per sempre: ma non abbiamo pianto. Altri ragazzi ci hanno detto  che essi avrebbero visto per noi, camminato con noi, per non lasciarci soli. Ora essi se ne vanno: per un lungo viaggio, da Milano ad Oslo, attraverso Svizzera, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, i giovani Rover-Souts ASCI a bordo di piccole moto leggere Guzzi recheranno una parola rosseggiante del nostro Sangue e del nostro Amore: è la “Freccia Rossa della Bontà”. Incontreranno altri ragazzi che la guerra ha straziato e porteranno loro il nostro saluto. Noi ci vogliamo bene, anche se i nostri padri si sono odiati. Vogliamo che tutti si amino e in nome del nostro dolore chiediamo pace fra gli uomini. I rovers affronteranno disagi  e fatiche per noi: non sappiamo come ringraziarli …. a loro basta poterci donare un po’ di sorriso e di gioia. Siamo certi che, attorno ad essi, altri vorranno, in tutti i paesi, porgere un dono per rendere meno triste la vita a quelli che, in ogni dove d’Europa, portano indelebili segni nelle loro carni innocenti >>.                                                                                                                                                             I MUTILATINI

Questo messaggio  mi commuove ancora oggi ( forse più di allora) e lo ritengo  sempre di grande attualità.

La prima tappa fu il banco di prova: Il valico del Sempione con la lunga discesa fino a Briga non fu facile. Benché fossi abituato alla sua guida già da tempo, Il guzzino carico di uno zaino e delle  sacche laterali stracolme  in discesa sbilanciava parecchio e ci volle un po’ prima di prendere completa confidenza col mezzo e sicurezza.

Collaudammo subito il giorno dopo l’efficienza contro il vento e la pioggia delle nostre tute rosse, forniteci dalla Pirelli, mentre filavamo in lunga fila indiana lungo la valle del Rodano fino a Losanna. A Caux sur Montreux  ci aspettavano i soci dell’associazione del “Riarmo Morale”. I guzzini affrontarono la ripidissima  salita finale a fatica, ma poi fummo ricompensati da una grande accoglienza. Questo fu il nostro primo vero contatto con il mondo internazionale: giovani provenienti da ogni parte del mondo, che speravano tutti in una futura ripresa “morale” dopo la catastrofe della guerra, ci  accolsero in un clima di festosa accoglienza. A Losanna, alla presenza del console italiano e di numerosi connazionali, proiettammo il documentario dei Mutilatini, che poi avremmo portato con noi in tutte le nazioni attraversate.

La corsa fino a Parigi, attraverso città, borghi e boschi incantevoli, mise a prova la resistenza dei mezzi, ma più ancora la resistenza degli equipaggi. Al nostro passaggio ovunque accoglienza di rappresentanza dei gruppi  scout locali. di giornalisti e di gente comune, curiosa di vedere conoscere questa strana carovana di giovani scouts in tute rosse.

Ci eravamo organizzati in pattuglie indipendenti di 5/6 rovers che si dovevano ritrovare tutte, durante la percorrenza di ogni tappa, in punti intermedi prestabiliti, per contarci, per i rifornimenti di benzina e per rinfocillarci. In testa la guzzi 250 “Airone”, alla cui guida si alternavano  Vittorio Ghetti e suo fratello don Andrea, conosciuti nel modo scout come “Cicca” e “Baden”. Una  pattuglia logistica precedeva solitamente la colonna per trovare e preparare i posti di tappa, un’altra pattuglia fungeva da “scopa”. Due meccanici, distaccati dalla Guzzi al nostro seguito, seguivano la colonna col  motofurgone “Ercole” di 500 cc, pronti ad ogni evenienza di carattere meccanico e non solo. Il furgone era rifornito oltre che di pezzi di ricambio anche di …. salami, pasta ed altri cibi di riserva rigorosamente nostrani, che ci furono preziosi durante tutto il nostro raid.

Non dimenticherò mai la fantastica corsa attraverso Parigi fino ai  Champs Elisées dopo essere stati accolti alla “Porte d’Italie” dall’addetto dell’Ambasciata d’Italia, scortati dalla polizia metropolitana. Ricordo però anche il lungo attraversamento delle “banlieue” alla periferia della capitale, che mi impressionò e turbò non poco.

La stampa di Parigi aveva annunciato il nostro arrivo: stanchi ma  contenti ci sottoponemmo ad un “tour de force” tra incontri con giornalisti, ricevimento ufficiale all’Hotel de Ville per la consegna   del messaggio del sindaco di Milano, incontri con la rappresentanza degli “Scout de France” e con universitari, visita alla città organizzataci dall’Ambasciata italiana, l’omaggio al Milite Ignoto francese  sotto l’Arco del Trionfo.

Si riprende la lunga cavalcata  attraverso il Belgio, l’Olanda, la Germania , con arrivi di tappe Bruxelles, Rotterdam, Rheine, Brema, Amburgo. Dappertutto appuntamenti con gli esploratori, ricevimenti presso il Consolato Italiani, le sedi della Croce Rossa, interviste con giornalisti.

Di Bruxelles ho un vivo ricordo della calorosa ospitalità offertaci dalla “Croix Rouge de Belgique” ed il gioioso  incontro con un numeroso gruppo di  ragazzi e ragazze, studenti e scouts di nazionalità belga e danese dal quale ci accomiatammo cantando  tutti in cerchio lo struggente canto dell’addio “….E’ l’ora dell’addio, fratello è l’ora di partir …..ma noi ci rivedrem ancor, ci rivedremo un dì …..”.

In Olanda un  curioso aneddoto riguarda l’incontro fortuito con una pattuglia della polizia stradale  mentre stavamo attraversano un polder: fermarono la mia pattuglia e noi timorosi pensavamo di essere incorsi in un’infrazione del codice stradale, invece volevano sapere da dove venivamo e dove andavamo in sella a quei minuscoli  mezzi a due ruote  che non avevano mai visto prima di allora. Riuscimmo a soddisfare la loro curiosità più a gesti che a parole! In Europa, all’infuori dell’Italia, il motore a due ruote più piccolo a due ruote conosciuto era il motorscooter in dotazione ai paracadutisti americani tempo di guerra (da cui  derivò la nostra famosa  “lambretta”).

A Rotterdam, per il pernottamento, fummo ospiti di alcune famiglie di scouts con i quali avevamo fraternizzato.  Ci sentimmo un po’ come a casa nostra.

A Brema trovammo la sorpresa di incontrare  gli Esploratori di Germania, di cui non conoscevamo l’esistenza. L’accoglienza fu veramente commovente. Benché non preavvisati del nostro arrivo si fecero in quattro, nonostante le difficoltà, per trovarci  viveri e alloggio sulla nave scuola  “Deutschland” della Marina tedesca in disarmo all’ancora nel porto. Sulla nave, trasformata in albergo della gioventù, abbiamo provato l’esperienza, singolare, di dormire tutti quanti sulle amache. Da Brema ad Amburgo si fila veloci sulla grande arteria stradale usata in tempo di guerra come pista di atterraggio dei velivoli della Luftwaffe.  Ad Amburgo, scortati dalla polizia tedesca raggiungiamo la sede della ESSO, accolti da giornalisti, fotografi, esploratori tedeschi ed autorità.

Durante tutto il percorso del raid, sia in andata che in ritorno, gli alloggi ed i pernottamenti venivano solitamente trovati di volta in volta dalla pattuglia logistica che precedeva la colonna in avanscoperta: presso scuole, collegi, istituti religiosi, alberghi della gioventù e altri alloggi di fortuna. Quando non si riusciva a trovare  nulla di idoneo ci si accampava, a qualsiasi ora e con qualsiasi tempo e si estraevano allora dagli zaini le nostre tendine da bivacco monoposto  dove ci adattavamo a dormirei in due. Eravamo equipaggiati con tende offerte dalla “Ettore Moretti”, allora unica prestigiosa fabbrica italiana di tende.

Anche per tutto il tempo di permanenza di campo in Norvegia abbiamo sempre usato le tende da bivacco, salvo in occasione di un ike a pattuglie di due tra le vallate, i boschi, le montagne e i ghiacciai  nei pressi dello spettacolare Geirangerfjord. Io e il mio compagno dormimmo in un capanno improvvisato con rami e frasche di pino, completamente isolati, nel fitto di una foresta.

Grande accoglienza anche in Danimarca ad Odense,  a Slagelse sull’isola di Seeland e a Copenaghen , ove il Console d’Italia , la Polizia, alcuni nostri connazionali e gli esploratori danesi si adoperarono tutti in nostro aiuto per facilitarci l’imbarco sul ferryboat che ci trasborderà a Malmö in Svezia. Il giorno dopo si riprende la marcia  per Göteborg, una delle tappe più dure, 300 chilometri con tratti di strada in pessime condizioni sotto la sferza di un fortissimo vento del Nord e pioggia torrenziale. La testa della colonna giunge a Göteborg alle venti mentre gli ultimi, attardati da una serie di forature, arrivano a mezzanotte. Tutte le nostre pattuglie di servizio hanno dato un’ottima prova. Tutti avevamo uno specifico incarico: Lelio Oldrini aveva la responsabilità della direzione dei servizi. Vincenzi, Giorgetti e Rocca all’intendenza, Giacomo Corna Pellegrini  alla posta, Rossi e Dell’Orto al servizio meccanico solo per citarne alcuni. Gli scouts svedesi, che a Göteborg, ci avevano preparato vitto e alloggio nella casa del “Marinaio”, fecero la guardia tutta la notte alle nostre macchine.

Entrammo in Norvegia accolti alla frontiera da una delegazione  di scouts norvegesi. Essi si presentarono cantando il loro inno nazionale, noi contraccambiammo, invece che con l’inno di Mameli, attaccando tutti in coro, don Ghetti per primo, la canzone degli alpini “…. Vinassa, vinassa e fiaschi de vin .…”. Poi, naturalmente ci facemmo un mucchio di risate. Certamente le canzoni che noi giovani ci portavamo di più nel cuore erano quelle degli alpini, che ci ricordavano gli anni duri della guerra, e ci stringemmo allora tutti attorno a don Ghetti, che con suo fratello Vittorio, aveva vissuto l’avventura scout clandestina delle “Aquile Randagie”.

Oltrepassato Oslo abbiamo decisamente puntato a nord per raggiungere il campo di Skiak oltre 400 chilometri più a nord nelle vicinanze del Geirangerfjord. I dieci giorni al campo coronarono le nostre conoscenze con l’incontro  di rovers-scouts di quaranta nazioni, dandoci modo  di  conoscere meglio  noi stessi,  confrontandoci con  paesaggi e  persone  diverse   da noi,  in quanto“ lo stesso senso del servizio scout si concreta solo attraverso la conoscenza approfondita  della realtà”, come ebbe ha scrivere  il mio carissimo amico e stretto compagno di scautismo Giacomo Corna Pellegrini nei suoi ricordi di viaggio ( Pianeta blu ed. Unicopli 1997) illustre geografo morto recentemente dopo una intensa vita costellata di viaggi in tutto il mondo.  Anch’egli ha sempre ritenuto l’esperienza giovanile del raid Milano-Oslo un forte momento  che gli  ha lasciato  un segno indelebile per tutta la vita.

Il principe ereditario di Norvegia, durante la sua visita al campo, si interessò molto agli scopo della nostra  impresa ed ai nostri guzzini .

L’11 agosto da Lillehammer, il nostro addetto stampa scriveva alla segreteria della Freccia Rossa di Milano ”Il Rovermoot è finito dopo dieci giorni di fraternità di scambi con fratelli di altre nazioni …………. questa mattina alla cerimonia di chiusura il capo scout mondiale gen. Nilson ha parlato al grande cerchio dei 40mila rovers convenuti da ogni parte del mondo”. Poi la partenza …….” .  Il giorno successivo eravamo a Oslo.

Benché nel diario di bordo che giornalmente inviavamo a Milano non se ne fece cenno, per non destare preoccupazione ai genitori sempre in ansiosa attesa di nostre notizie, avvenne un incidente piuttosto serio di cui fui io protagonista: mentre si viaggiava tutti in colonna, a causa dell’ andatura  moderata, mi prese un colpo  di sonno, sbandai ed andai a sbattere contro  un’auto che procedeva  in senso contrario.

Istintivamente riuscii a sterzare cadendo a terra  sotterrato da un groviglio di uomini e  guzzini che mi seguivano in fila indiana.  Per fortuna nulla di grave: me la cavai quasi miracolosamente  solo  con un buco in fronte e ammaccature varie che mi obbligarono a cedere  la guida del mio mezzo ad uno dei due meccanici e viaggiare per due giorni a bordo del motofurgone. Fui costretto a saltare l’incontro programmato col sindaco di Oslo. Al ritorno in Italia e negli anni successivi don Ghetti, ogni qualvolta lo incontravo, mi baciava in fronte per …. grazia ricevuta!

Sulla via del ritorno, in attesa dell’imbarco per la Danimarca, si fece tappa nuovamente a Göteborg, dove trovammo calorosa  accoglienza,  presso la  fabbrica  di  cuscinetti a sfere SKF,   da parte   della  numerosa comunità di lavoratori italiani. I cuochi, rigorosamente tutti italiani, ci prepararono una spaghettata  che dopo un mese di astinenza  divorammo avidamente. Commovente fu il commiato.  Dopo avere ripreso  il cammino, anche nei giorni successivi il nostro pensiero andava spesso ancora ai nostri connazionali lontani dalla patria e dalle loro famiglie.

Dalla Danimarca di nuovo in Germania. Attraversammo il bacino della Ruhr puntando prima sulla capitale del Lussemburgo e poi su Strasburgo  dove eravamo attesi  al parlamento Europeo. Tutta l’Europa portava ancora i segni della guerra, ma la Germania era quella che portava ancora le cicatrici più evidenti.

Ad Hannover, dove giungemmo all’una di notte e non sapevamo dove pernottare, fummo indirizzati da alcuni passanti al dormitorio pubblico sotto la stazione ferroviaria, da dove uscimmo subito disposti a passare piuttosto la notte all’addiaccio. Il dormitorio era stracolmo di uomini, donne, ragazzi, bambini senza più casa: ognuno si era accaparrato una cuccetta dei tanti letti a castello. Il nostro pensiero riandò subito ai famigerati lager. Sulla piazza della stazione stavamo confabulando sul da farsi quando, fummo avvicinati da alcune persone; erano ebrei che ci offrirono ospitalità nella loro sinagoga, fortunatamente scampata alle distruzioni. Dovemmo accontentarci di dormire sul pavimento, ma per noi fu un grande sollievo.

L’ accoglienza fu molto calorosa ed al mattino ci fu offerta anche una generosa colazione! Questo fu un bellissimo segno di fratellanza che ha segnato i miei ricordi!

Colonia era una città ancora completamente distrutta. Quando entrammo  ci si presentò solo una distesa di macerie  in mezzo alle quali si ergeva solitario,miracolosamente intatto il duomo. Gli abitanti  vivevano ancora, a distanza di quattro anni dalla fine della guerra,  in  modo molto precario rintanate negli scantinati delle case distrutte, nei bunker. Erano state ricostruite solo le acciaierie alla  periferia della città  che  lavoravano a pieno ritmo: una selva di ciminiere fumanti ne era il segno più evidente.

Grande impressione ci fece l’attraversamento delle Ardenne,teatro di furiosi combattimenti, dove le foreste completamente carbonizzate in piedi ne erano ancora testimoni silenziosi.

Un impatto forte fu l’incontro, non ricordo più in quale città della Germania, con un soldato appena rimpatriato dalla Russia che, ospite come noi presso un istituto ospedaliero gestito da suore, con lo sguardo assente sedeva al nostro tavolo: al rientro nella sua città non aveva più trovato né casa né famiglia.

Un’aria ben diversa abbiamo respirato all’arrivo a  Strasburgo, ci attendeva un appuntamento molto importante: l’incontro al Parlamento Europeo con i parlamentari Italiani. Fu questa una grande occasione per portare all’attenzione di tutti i Paesi europei il lungimirante progetto di Don Gnocchi, che  riguardava non solo i mutilatini italiani ma quelli  di tutta Europa.  Consegnammo nelle mani di Henri Spaak, presidente del Consiglio d’ Europa, il messaggio di pace  e di speranza “per un futuro migliore” da parte di tutti i mutilatini d’’Europa. Fu un  grande momento, che  culminò, con la gioia di noi tutti, con un favoloso rinfresco.

La corsa attraverso la Svizzera non ebbe intoppi particolari, con l’attraversamento di Zurigo, Basilea e tappa a Lugano. Del passaggio notturno per le vie di Zurigo ricordo un particolare,che ancor oggi mi fa sorridere, di quando la mia pattuglia , incaricata di segnalare di volta in volta alle altre pattuglie che seguivano il percorso attraverso la città, si fermò ad un crocevia con i motori  accesi. Dalle finestre sovrastanti vennero lanciati su di noi gli oggetti più vari: avevamo disturbato in piena notte il sonno dei buoni zurighesi!

L’ultimo duro strappo fu il valico del Gottardo. I guzzini arrancarono faticosamente, ma senza  alcun problema di carattere meccanico dopo oltre 8.000, sui ripidi tornanti della strada sterrata fino in cima al Passo per poi lanciarsi in discesa al di qua delle Alpi.   Tutti  quanti noi respiravamo  già aria  di casa e l’ attraversamento del Canton Ticino fu una veloce corsa, con tappa intermedia a Lugano, anche lì accolti da Autorità ed ospitati dagli scouts locali.

Dopo quaranta giorni di assenza dall’Italia le Autorità italiane, alle ore 10, 30 di domenica 28 agosto, ci accoglievano alla frontiera di Chiasso. Alle ore 17,30, preceduti da reparti motociclisti dei Carabinieri, del Reggimento fanteria “Legnano”, da operai della Guzzi  artefici di questo straordinario motorino, entravamo festeggiatissimi nel Cortile della Rocchetta del Castello Sforzesco di Milano. Si concludeva così la lunga corsa attraverso 9 paesi d’Europa.

Così titolò e scrisse il 2 settembre la  Gazzetta dello Sport:  “ – Come l’Angelo dei Bimbi – LA FRECCIA ROSSA E’ RITORNATA …… Applausi e commozione. Come alla partenza. Visi abbronzati con negli occhi la stanchezza, ma visi felici. Attorno però, qualche viso pallido, c’è anche un bimbo che vorrebbe battere le mani …, un triste destino non glielo permette. Qualche gocciolone cala allora sulla sua guancia …. Cari mutilatini, che non hanno pianto in altra circostanza, domenica di fronte al gesto squisitamente umano compiuto per loro da ragazzi di qualche anno più anziani, sono rimasti commossi. Là, ecco una tremula mano agitare in alto una gruccia ….: è un commoventissimo commiato che vuole manifestare ammirazione e gratitudine per i 25 rovers della Freccia Rossa della Bontà”.

Ancora oggi devo riconoscenza  Don Andrea e Vittorio Ghetti, a Michél Du Bot, nostri capi della spedizione. Un grazie particolare va anche ai magnifici meccanici della Guzzi, che, quali nostri discreti angeli custodi, hanno condiviso con noi questa memorabile avventura.

BUONA STRADA per chi continua a  camminare per le vie del  mondo in spirito di fratellanza e di amore.

Giovanni Scandolara

dicembre  2012

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